Shogi, gli scacchi giapponesi

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Iniziamo, con questo articolo, ad allargare l'orizzonte scacchistico, iniziando ad esplorare il mondo, le regole e le tradizioni anche di giochi "cugini" degli scacchi.
Uno di questi è senz'altro lo Shogi, noto anche come scacchi giapponesi, e già questo basterebbe a stabilire un forte legame con gli scacchi.
Diamo quindi uno sguardo alle regole ed alle peculiarità di questo affascinante gioco, introdotto in Giappone nell'VIII secolo d.c. direttamente dalla corte imperiale cinese e poi evolutosi e sviluppatosi come disciplina a se stante. Una curiosità, l'Associazione Giapponese dello Shogi fu fondata nel 1924, stesso anno di nascita della FIDE. L'associazione attualmente riconosce e stipendia circa 300 giocatori professionisti, di cui 40 donne.

Shogi, gli scacchi giapponesi
di Francesco Lupo
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Una tavola da gioco e poi Re, cavalli, torri, alfieri, pedoni ma anche generali e lance.
Ma che c'entrano generali e lance con gli scacchi?
Proprio nulla, infatti stiamo parlando dello Shogi, millenario gioco conosciuto anche come gli Scacchi Giapponesi.
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L'origine storica dello Shogi è strettamente imparentata a quella degli Scacchi, pare infatti che entrambi i giochi derivino dallo Chaturanga.
Molte le similitudini tra i due giochi, ad iniziare dall'obiettivo finale, lo scacco matto al re avversario.
Anche tra gli stessi pezzi ci sono similitudini: il re, l'alfiere, la torre che hanno gli stessi movimenti di quelli degli scacchi; il cavallo che muove come quello degli scacchi ma solo in avanti; il pedone che come quello degli scacchi avanza di un passo ma non conosce eccezioni, ossia non può fare due passi alla sua prima mossa, non mangia in diagonale.
Fin qui le similitudini, ma vediamo adesso le differenze, innanzi tutto il campo di gioco che non è la classica scacchiera 8x8 con case bianche e nere, ma una tavola di 9x9 con case di un unico colore. Anche le coordinate cambiano, i numeri vanno da destra a sinistra e le lettere dall'alto al basso. Altra differenza la prima mossa, nello Shogi spetta al nero e non al bianco.
Come le case della tavola, anche i pezzi non si differenziano tra di loro per il colore, è la loro direzione (la punta) che li distingue tra bianchi e neri, unica eccezione per i re che hanno lo stesso simbolo ma vede quello nero contraddistinto dall'aggiunta di una virgola.
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Ancora, nello Shogi non troviamo la Regina ma altri pezzi: il generale oro, il generale argento e la lancia che hanno dei movimenti particolari: il generale oro muove di un passo in tutte le direzioni tranne che in diagonale indietro; il generale argento muove di un passo in avanti o in diagonale in tutte le direzioni; la lancia muove in avanti come la torre, ma non lateralmente e non torna indietro.
Le differenze non terminano qui, diversa è anche la modalità di promozione che non riguarda solo i pedoni ma tutti i pezzi tranne il re ed il generale oro.
Generale argento, cavallo, lancia e pedone se promossi perdono le loro caratteristiche di movimento acquisendo quelle del generale oro; torre ed alfiere mantengono le loro prerogative ma acquisiscono anche il movimento del re, possono cioè andare di un passo in ogni direzione, la torre anche diagonalmente e l'alfiere anche orizzontalmente e verticalmente.
L'area di promozione è costituita dalle ultime tre traverse e la scelta del pezzo cui promuovere non è libera, anche se la promozione stessa non è sempre obbligatoria. Solo pedoni, lancia e cavallo sono obbligati a promuovere, i primi due quando raggiungono l'ultima traversa ed il cavallo anche quando raggiunge la penultima. Il motivo è chiaro: se non promuovessero non potrebbero più muoversi. Quindi, questi ultimi pezzi possono liberamente promuovere o no, come gli altri, al raggiungimento dell'area di promozione, sono tuttavia obbligati a farlo se non hanno più mosse valide da effettuare con il loro movimento originario.
Un'altra grande differenza rispetto agli scacchi è che i pezzi catturati all'avversario possono essere rimessi in gioco, come propri, in qualsiasi casa ed in qualsiasi momento della partita, al posto di una mossa dei pezzi in campo. Questa fase di gioco viene definita paracadutaggio (in inglese dropping the piece o semplicemente drop).
In definitiva lo Shogi appare come una versione “arricchita” degli scacchi, con regole simili ma anche con caratteristiche peculiari che ne fanno una disciplina a se stante e sicuramente non priva di fascino.
Molto interessante infine il sistema di classificazione, quasi un rituale con richiami anche alla tradizione delle arti marziali, con una classificazione in Kyu e Dan ed una differenziazione tra giocatori amatoriali e professionisti.
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Per saperne di più il consiglio è quello di visitare il sito della Federazione Italiana Shogi (FIS).
Per chi preferisce un approccio “letterario” un interessante testo è senz'altro “Shogi (Scacchi Giapponesi)” scritto da Calogero A. Salomon, presidente della FIS ed edito dalla stessa FIS.
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